Psicologia e Libri. Legami d’amore (terza parte)

Progetto La violenza di genere che non degenera

Legami d’amore (terza parte)

Ciò dà vita a un circolo vizioso, ove più l’altro viene soggiogato, meno è vissuto come soggetto umano e maggiore diventa la distanza o la violenza che il sé deve usare contro di lui. La conseguente assenza di riconoscimento si riproduce a catena. La distruzione dell’altro è la condizione di qualunque specifica fantasia di dominio. Coloro che vengono soggiogati, verso cui non si realizza alcun riconoscimento, possono nell’atto stesso di emanciparsi, restare innamorati dell’ideale di potere che è stato loro negato.

Possono respingere il diritto del padrone a dominarli, ma possono non respingere la sua personificazione del potere, rivendicando per sé i suoi diritti. Tale modello di relazione prevede che “uno è sempre su, e l’altro sempre giù”, uno agisce e l’altro subisce l’azione. Ne risulta una struttura soggetto-oggetto (polarità di genere), che pervade i nostri rapporti sociali, i nostri modi di conoscere, gli sforzi per trasformare e controllare il mondo e, in ultimo, impedisce la creazione di un ambito intersoggettivo, ove il riconoscimento reciproco tra soggetti può competere con la relazione reversibile di dominio.

Negare soggettività alle donne significa attribuire il privilegio e il potere al padre, che rappresenta il principio di libertà, conseguente al rifiuto della dipendenza. L’ideale di libertà porta in sé il concetto di dominio, libertà significa fuggire l’altro oppure sottometterlo; autonomia significa fuggire dalla dipendenza. La Benjamin afferma che per fermare il ciclo di dominio, l’altro deve introdurre una differenza. Ciò significa che per essere in grado di sopravvivere alla distruzione, le donne devono rivendicare la propria soggettività e così offrire agli uomini la possibilità di diventare vivi in presenza di un altro uguale.

L’ottica del riconoscimento tra soggetti uguali dà origine a un paradosso dato dal bisogno concomitante di riconoscimento e indipendenza. Vogliamo che l’altro sia fuori del nostro controllo e, tuttavia, abbiamo bisogno di lui. Accettare questo paradosso è il primo passo per districare i legami d’amore, da vedere non come catene ma come circoli di riconoscimento.

La possibilità di un riconoscimento reciproco non suggerisce l’idea di un mondo ideale, ove non ci possono essere incertezze e tensioni, né tantomeno esula da possibili crolli. Occorre comprendere che ciò che desideriamo può di volta in volta stregarci o liberarci.

Bibliografia:

“Legami d’amore”, Jessica Benjamin (2015)

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Questo articolo rientra nelle attività del progetto “La violenza di genere che non degenera”, vincitore del bando della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità (2017), per il finanziamento di progetti volti alla prevenzione e contrasto della violenza verso le donne anche in attuazione della convenzione di Istanbul – Linea C) Programmi di trattamento degli uomini maltrattanti.

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Riproduzione riservata ©A.I.P.C. Editore 2020

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