LA NECESSITÀ DI UN PROTOCOLLO SCIENTIFICO.
Sintesi Workshop, La violenza è circolare e viscerale, La necessità di un protocollo scientifico (prima parte)
L’Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia, fondata a Roma nel 2001 e iscritta dal 2004 nel Registro Regionale delle Organizzazioni di Volontariato della Regione Lazio, si contraddistingue per la multidisciplinarietà e le specifiche esperienze in ambito psicologico, forense e neuroscientifico dell’equipe. Da anni l’Associazione si occupa del contrasto a ogni forma di violenza, senza distinzione di genere e ruolo, e del trattamento, anche in ottica preventiva, del comportamento violento. Il workshop gratuito, a distanza, “La Violenza è circolare e viscerale – la necessità di un protocollo scientifico”, è stato organizzato il 19 novembre dall’AIPC, Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia, in collaborazione con l’Associazione “Mai più vittima”.
Il workshop ha avuto inizio alle ore 16:00, in cui, dopo le presentazioni e i ringraziamenti di rito, il primo intervento è stato del Dott. Lattanzi, coordinatore dell’AIPC insieme alla Dott.ssa Calzone. Il Dottore ha cercato di condividere l’importanza dei protocolli e della loro scientificità per la prevenzione e il contrasto alla violenza. È importante aumentare la consapevolezza dell’origine traumatica di molte espressioni forti come rabbia e aggressività, le quali possono condurre alla violenza. Questa, inoltre, è spesso un collante nelle coppie con relazioni disfunzionali.
A prendere parola, per seconda, è stata la Dott.ssa Ricci, tirocinante dell’AIPC, esperta di sondaggi e analisi informatiche degli stessi. Delle 88 persone presenti alla giornata di formazione, 5 erano uomini e 83 donne, delle quali 78 laureate e 6 diplomate. Il 52,27% aveva un’età compresa tra i 18 e i 24 anni e seguiva la fascia d’età tra i 25 e i 34 anni con il 22,72% (= 20 persone). Per quanto riguarda la regione di provenienza il 28,41% proveniva dal Lazio e il 15,9% dalla Lombardia.
La Dott.ssa Ricci ha poi passato la parola alla Dott.ssa De Tata, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Formia, dove il sindaco, Paola Villa, ha aperto un centro antiviolenza. L’associazione “Mai Più Vittima” organizza eventi per sensibilizzare e informare, per dare dati veri e concreti sulla situazione e aiuta le donne che chiedono aiuto da tutto il basso Lazio e a volte da fuori regione. La donna, che è vittima, spesso ripete un copione, appreso in tenera età, e individuare i meccanismi che scattano e che si ripetono è fondamentale per spezzare la catena della violenza. Agire sulle donne, purtroppo, è quasi fallire perché si sta agendo in ritardo. Si deve, invece, agire dai più giovani in via preventiva. Ha, poi, parlato la Dott.ssa Pompei, referente e responsabile per l’Associazione “Mai Più Vittima”. La Dottoressa ha spiegato come l’Associazione, nata il 24 febbraio del 2020, si occupi di violenza in tutte le sue forme, dalla violenza di genere alla violenza assistita, dalla violenza istituzionale allo stalking fino al bullismo e al cyberbullismo. Nell’Associazione collaborano diverse figure come psichiatri, psicoterapeuti, legali e nutrizionisti e a livello operativo c’è un numero sempre attivo tutti giorni, 24 ore su 24, al quale risponde la Dott.ssa De Tata. L’accoglienza è il momento più importante per le vittime ed è fondamentale capire la situazione e risolvere le prime esigenze. C’è poi la partecipazione, eventuale, al gruppo emotivo/supportivo che avviene subito dopo l’emergenza. Le donne sentono così il “destino comune”, si riconoscono come vittime di violenza e percepiscono un’identità.
Ha ripreso, poi, la parola il Dott. Lattanzi, che ha parlato di come l’AIPC si occupi anche di autori e dell’accoglienza di persone con sospensione della pena e messa alla prova. Il lavoro dell’AIPC si differenzia per la ricerca scientifica, per l’applicazione di un protocollo scientifico con misurazioni psicodiagnostiche e psicofisiologiche e per l’integrazione tra mindfulness, psicoterapia sensomotoria e psicotraumatologia. Dai dati raccolti dal 2011, tramite il Protocollo Offender, è emerso che i traumi spesso avvengono nella fase perinatale, durante la gestazione o nei primi anni di vita. Ci sono tanti traumi relazionali, che vanno a creare le cosiddette ferite dolorose, come la dipendenza da alcol di un genitore, la nascita di un fratello, un divorzio o un’adozione. Questi possono essere eventi reali o solo percepiti che interrompono la crescita emotiva e cognitiva della persona. Inoltre, una tematica d’interesse dell’Associazione è l’infedeltà: grazie alla batteria psicodiagnostica attraverso cui viene misurata la percezione genitoriale, è emersa una forma di controllo genitoriale e una forma di indifferenza genitoriale. Queste condizioni potrebbero aver scaturito una mancanza di fiducia in queste persone, slatentizzando l’infedeltà che questi bambini hanno vissuto nei confronti dei genitori. Lo strumento che più di tutti fornisce supporto nell’analisi di queste persone è il Bio-Neurofeedback, il quale permette di misurare la lateralizzazione della corteccia prefrontale, attraverso il monitoraggio di indicatori come la respirazione, la sudorazione e il battito cardiaco per misurare la disregolazione emotiva, che può condurre all’impulsività e all’acting out.
Ha parlato, poi, la Dott.ssa Calzone, spiegando che quando si parla di traumi, lutti, separazioni, dipendenza, lutti e manipolazione, tutti ne abbiamo subiti o ne subiremo. Nelle persone, però, esiste anche la resilienza e la capacità di andare avanti nella propria vita di tutti i giorni. Le persone con traumi severi possono finire per unirsi e creare delle coppie in cui il collante è costituito dai loro bisogni, spesso non hanno mai conosciuto qualcosa di sano e nel loro incontro il malessere si accresce creando un’escalation disadattiva che può portare alla violenza. Queste persone hanno un attaccamento insicuro o disorganizzato, non hanno avuto incontri sani e spesso già da bambini erano autori e vittime di stalking. Vittime e autori sono persone chiuse e isolate, che non riescono a entrare in contatto pieno con le persone. Spesso le vittime non riescono a lasciare i partner violenti e si isolano perché gli altri non comprendono questa loro incapacità. Tutto ciò agevola l’autore che già di suo fa terra bruciata. I percorsi con autori e vittime richiedono per questo molto tempo psicologico e spesso si deve lavorare anche con i figli e con la famiglia. Alla luce di ciò assume ancora maggiore importanza la prevenzione, in famiglia e nelle scuole.
L’Avvocato Cursaro, responsabile dell’ufficio legale AIPC, ha fatto notare come, spesso, queste persone siano rabbiose e finiscano per attivarsi anche nei confronti dei professionisti. Diventa importante, allora, riconoscere queste situazioni per essere più efficaci. È importante, poi, aiutare le persone a riconoscere la violenza per poterla sradicare. L’avvocato, e il professionista in generale, che lavora con la violenza non deve diventare un contenitore per quest’ultima e andare in burnout. Se la si riconosce, la si sa anche gestire.
Nei prossimi giorni pubblicheremo la seconda ed ultima parte della sintesi.
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